Nell’attività fisica, quando sono coinvolte persone affette da disabilità di vario genere, spesso si riscontra una tendenza spontanea a un atteggiamento “assistenziale” volto a intervenire sulla motricità del soggetto, ma anche sul raggiungimento di un certo grado di autonomia nella vita di tutti i giorni; si tratta di un approccio allo sport fondamentale per la crescita sana dell’individuo, ma che spesso impedisce di sperimentarne una componente altrettanto cardinale, ovvero l’agonismo: giocare a calcio, a tennis, a basket, ma anche praticare il nuoto e l’atletica ad alti livelli, permette di conoscere il senso di gratificazione del raggiungere un risultato per il quale ci si è tanto impegnati, ma anche di portare a frutto le proprie qualità individuali, realizzandosi come persona e come membro di un gruppo, col proprio ruolo specifico.
Negli anni ho assunto sempre più coscienza di questo aspetto dell’attività sportiva, andando in cerca con la mia famiglia di esperienze edificanti per la crescita di mia sorella: affetta da paresi cerebrale dalla nascita e costretta in sedia a rotelle, Beatrice ha trovato una specie di “oasi felice” nel mondo del baskin, uno sport figlio della pallacanestro che ambisce all’integrazione tra persone normodotate e diversamente abili; nell’ultimo anno anch’io ho avuto l’opportunità di essere coinvolto in questa esperienza folgorante, che a ogni allenamento svela nuove potenzialità.
Cos’è il baskin e come si gioca
Il baskin nasce nel 2003 a Cremona in contesto scolastico, dal desiderio di un ingegnere e di un professore di attività motoria di offrire agli studenti nuove proposte di didattica inclusiva; da allora è nata un’associazione Onlus che promuove lo sport a livello nazionale, e circuiti torneistici di diversi livelli.
Allo scheletro della pallacanestro si aggiungono regole che bilanciano l’impatto sul gioco di persone con diversi livelli di abilità, rendendo tutti ugualmente importanti per vincere la partita:
- Agli estremi della metà campo si aggiungono due canestri, più bassi di quelli regolamentari, circondati da aree semicircolari a cui accedere palleggiando.
- Agli atleti in campo vengono assegnati ruoli in base al livello di abilità in determinati aspetti fondamentali del basket; solo i giocatori contrassegnati dai numeri 1 e 2, tendenzialmente persone con deficit motori o neurologici tali da non poter partecipare al gioco in movimento, potranno compiere “tiri liberi” nei canestri laterali, a gioco fermo. Di seguito il Questionario di valutazione abilità in partita.
- I ruoli 3, 4 e 5 avranno l’opzione di accedere alle aree laterali palleggiando, per passare la palla ai propri compagni tiratori; la possibilità di attaccare due diversi obiettivi apre a una grande varietà strategica.
- Giocatori con ruolo definito da un numero alto non possono difendere su giocatori di ruolo più basso: un 5 dovrà fermarsi e non opporre resistenza all’attacco di un 4.
Trasformare le fragilità in punti di forza
Con un semplicissimo sistema di norme base si creano quindi svariati scenari in cui le fragilità di un atleta diventano punti di forza superiori all’eventuale divario tecnico di giocatori cestisticamente dotati; da giocatore di basket navigato ho scoperto che spesso paga più cercare l’accesso all’area di tiro laterale, creando chance per un tiro facile degli 1 e 2, piuttosto che forzare un attacco al canestro regolamentare, venendo marcato da tutti i giocatori in campo.
Nel ventaglio di opzioni offensive diventa davvero determinante il giocatore di ruolo 3, spesso attribuito a forme di autismo ad alto funzionamento o in presenza di deficit motori lievi: gli atleti più propensi a un gioco dinamico e aggressivi nella ricerca del tiro, imparano a sfruttare le comuni distrazioni difensive dei loro pari ruolo, e possono fare tanti punti senza che giocatori normodotati possano opporsi.
È osservando queste dinamiche che si comprende il compito dell’allenatore, ma anche dei cestisti professionisti, ovvero quello di aiutare i propri compagni a comprendere il proprio ruolo, e di mettere tutti nelle condizioni di esprimere il massimo del proprio potenziale in campo applicando una visione di gioco esperta; la squadra vincente è quella che riesce a valorizzare i punti di forza e di debolezza di ognuno, e a fare leva strategica sulle inevitabili falle di un regolamento che compie un lavoro splendido nell’offrire un’esperienza agonistica accessibile a tutti, ma che non può tener conto dell’infinita variabilità individuale nello spettro delle patologie neurorologiche.
Un’inclusione senza pietismi
L’esperienza del baskin è davvero appagante e coinvolgente, favorisce l’istaurazione di forti legami e rende tutti protagonisti; non di meno rappresenta un potente mezzo per imparare a relazionarsi con personalità neuroatipiche e comprendere le loro necessità, ma anche le qualità che potrebbero offrire a contributo di tutti. Che l’integrazione passi anche dalla valorizzazione delle attitudini di ognuno e dalla responsabilizzazione, è un concetto tutt’altro che assimilato nel nostro paese, e potrebbe costituire un importante ambito di progetto per il prossimo futuro: come possiamo aiutare questi ragazzi a comprendere il gioco, a dare il massimo nel rispetto delle peculiarità individuali, e a compiere scelte che portino a vincere la partita? E come estendere questa visione di inclusività ad altri campi di interesse?
Articolo di Leonardo Galbiati
Fonti:
Sito ufficiale associazione Baskin Cremona
Pagina Wikipedia
https://www.erickson.it/it/mondo-erickson/articoli/didattica/il-baskin/
https://divercitymag.it/2020/01/07/baskin-lo-sport-inclusivo/